Fig. 1. Lucas Cranach il vecchio, Adamo ed Eva, (post 1533?) Musei Reali di Belle Arti di Bruxelles
Fig. 2. Lucas Cranach il vecchio, Dettaglio dell'occhio del cervo in Adamo ed Eva, Musei Reali di Belle Arti di Bruxelles
Il teatro del peccato
Ecco il caso di un'opera d'arte interattiva del XVI sec. che mette in scena la promessa della Redenzione sulla scena del peccato originale. Un dispositivo da agire per forgiarsi come buon cristiano protestante temprandosi nel contrasto alle lusinghe del peccato.
Tra le numerose variazioni sul tema Adamo ed Eva prodotte da Lucas Cranach il vecchio, quella oggi conservata presso i Musei Reali di Belle Arti di Bruxelles (fig. 1) mi pare interessante sul piano della rappresentazione del tempo in rapporto alle conseguenze del peccato, in special modo per la sofisticata macchina di anticipazioni (o prolessi come dicono i narratologi) che le due tavole mettono in campo.
Per motivi che non conosco e che forse hanno a che fare col contesto di destinazione, le tavole sono separate ma rappresentano un'unica scena. Infatti lungo i bordi, destro in quella di Adamo e sinistro per la tavola con Eva, emergono i contorni dell'Albero della conoscenza sotto le cui fronde cariche di succosi frutti va in scena il Peccato originale. A differenza di altre rappresentazione qui gli animali del Paradiso terrestre sono ridotti ai minimi termini: c'è solo il serpente e un cervo, forse per condurre l'osservatore a focalizzare maggiormente l'attenzione sui significati e le funzioni simboliche che essi svolgono a partire dal nocciolo tematico di fondo che è quello delle conseguenze del peccato originale, il mangiare quel frutto proibito della conoscenza che conduce all'istantanea coscienza della propria condizione.
Ma partiamo dalla mela e quindi da Eva, vera motrice dell'atto di insubordinazione umana al diktat divino, che insidiata dal serpente stacca dall'albero due pomi. Nella sua splendida nudità, in una postura ammaliante e orgogliosa, la vediamo che ha appena addentato la mela (ce lo dicono le impronte dei denti sulla polpa) mentre la mostra ad Adamo gurdandolo in tono di sfida, ce lo dice la mano sul fianco che tiene la seconda mela.
E si potrebbe intendere che la seconda mela sia quella che Adamo tiene nella tavola di sinistra, costituendo in questo modo una concatenazione logica e temporale della progressione narrativa.
Lo sguardo, l'espressione, tutto il soma ci dicono che lo spirito di Adamo è decisamente diverso da quello di Eva: è preoccupato e timoroso, non ha ancora morso la mela, cioè compiuto il peccato, e già si copre le pudenda. D'altra parte la precettistica ci dice che nella consapevolezza del peccato l'uomo entra quando, già prima dell'atto, il pensiero errato si fa strada nella sua mente.
Ma torniamo ad Eva e alla sua splendente bellezza e sicurezza di sé, si deve osservare che nella cornice dell'ideologia religiosa in genere, e più in specifico di quella protestante, l'atteggiamento di Eva ammanta le donne di una certa scelleratezza, che nel caso specifico costituisce un'aggravante assoluto della vanità. Infatti, dietro ad Eva e a contrasto dell'effervescente orgoglio femminile campeggia un placido e sobrio cervo, che l'intreccio per certi versi erotico della gamba sinistra di Eva che si attorciglia sulla destra mette in piena luce. E nella testa del cervo, a dominare per dettagliatezza e cura riproduttiva quella figura c'è un meraviglioso occhio (fig. 2). Il cervo nella tradizione iconografica cristiana, quando compare insieme al serpente, rappresenta Cristo, perché in natura serpente e Cervo sono antagonisti e il secondo non teme il primo.
Cranach con questo dettaglio ci offre un'ulteriore prolessi, a più lunga gittata: sulla scena del peccato originale è già presente la promessa della Redenzione a venire, il sacrificio di Cristo è già lì. Infatti, se ci si avvicina e si guarda il bell'occhio immerso nel magnifico manto animale frutto della maestria riproduttiva del pittore che emula la felice riuscita del Creatore, si scopre riflessa una luce su cui si staglia in controluce una croce. E' quella della passione e morte di Gesù; e però non è una croce latina con la traversa orizzontale in alto, la traversa è al centro. E' una croce astratta, un simbolo da riconoscere e contestualizzare; è qualcosa che comprende chi sa riconoscere e leggere i simboli prima degli accadimenti, che è l'attitudine di che previene e agisce prima che ignoranza e presunzione gli rovinino addosso. Ed in questa chiave risulta interessante come la schermatura della competenza simbolica riesca a ridimensionare l'indiscutibile appeal erotico della bella Eva, scatenata dall'arte pittorica e domata dalla sapiente teatralizzazione della virtù morale. E questo ci dice qualcosa anche sulla dottrina delle passioni di marca protestante.